"…La vita non è forse un sogno?"( 10)

"…La diagnosi psicoanalitica spesso formulata su Carroll è la seguente: impossibilità di affrontare la situazione edipica, fuga davanti al padre e rinuncia alla madre, proiezione sulla bambina a un tempo identificata come fallo e come priva di pene, regressione orale-anale conseguente. Tuttavia tali diagnosi hanno pochissimo interesse, e si sa bene che non è in tal modo che la psicanalisi e l'opera d'arte (o l'opera letterario-speculativa) possono annodare il loro incontro; neanche trattando, attraverso l'opera, l'autore come un malato possibile o reale, anche se gli si concede il beneficio della sublimazione oppure facendo "la psicoanalisi" dell'opera stessa. Gli autori, infatti, se sono grandi, sono più vicino a un medico che a un malato (…). In altri termini, il carattere positivo, altamente affermativo della desessualizzazione consiste nella sostituzione della regressione fisica da parte dell'intervento speculativo. Ciò non impedisce che l'investimento speculativo poggi su un oggetto sessuale, poiché ne libera l'evento e pone l'oggetto come concomitante con l'evento corrispondente. Che cosa è una bambina? -  e un'intera opera, non per rispondere a tale domanda, bensì per evocare e comporre l'unico evento che ne fa una domanda. L'artista non è soltanto il malato e il medico della civiltà, ne è anche il perverso." (11) "…Alice e Attraverso lo specchio sono costituiti quasi per l'intero da frammenti e piccoli brani, idee singole scaturite da sole. Nello scrivere Le avventure di Alice nel sottosuolo aggiunsi molte idee nuove che sembravano crescere da sole attorno al nucleo originario. Molte altre ne aggiunsi quando, anni dopo, riscrissi il libro per pubblicarlo, anche se (e questo può interessare i lettori di Alice), ogni idea e quasi ogni parola del dialogo venivano da sé. Capitava che un'idea mi venisse di notte, e allora m'alzavo e accendevo il lume per appuntarmela; talora durante una gelida passeggiata d'inverno, per cui dovevo fermarmi e, con le dita intirizzite dal freddo, scarabocchiavo poche parole per evitare che quell'idea appena nata dovesse perire; ma dovunque e comunque venissero, ciascuna idea veniva da sé. Non sono come un orologio che, per farlo funzionare, basta caricarlo quando si vuole." (lettera di L.C., aprile 1887.)( 12).
Mi colpisce molto la spiegazione di Carroll, il fatto di scrivere cose che di getto emergono dal buio della mente, perché le considero più sincere. E' chiaro che sicuramente l'Autore le ha poi limate e raffinate ma è l'essenza la cosa importante, l'intenzione, la fluidità della coscienza che affiora e che diventa tangibile in ogni personaggio, che incorpora paure, tensioni, ideali, nevrosi. Tutto questo non può essere organizzato, per quanto Carroll fosse legato a doppio filo alla logica. Le profon
dità dell'essere non corrispondono al teorema di Pitagora.

E' straordinario, per me, ogni volta che lo leggo, sentirmi Alice e, come lei, rimanere coinvolta e stravolta in quel pandemonio. Ci si sente come inghiottiti e trascinati in questi mondi surreali ma veri, perché la verità non è nella forma che ci appare. Si vivono gli stessi sentimenti di Alice, come curiosità, sorpresa, tensione, comprensione, rispetto, sconforto, ribellione, rabbia e paura in un crescendo, fino al culmine in cui lei, esasperata, distrugge e quindi interrompe tutto. In tutto questo non c'è differenza con quello che noi dobbiamo affrontare quotidianamente, sia dentro che fuori: l'abisso del mondo esterno che cerca di inghiottirci con i suoi cavilli e il nostro abisso interiore che siamo ancora meno in grado di affrontare.

In entrambi i libri su Alice è chiara la componente fortemente inconscia per cui le avventure della bambina non sono solo "straordinarie" ma molto inquietanti. Alice è come l'acqua e l'acqua simboleggia l'inconscio. In realtà già in Alice nel Paese delle Meraviglie l'acqua è vista come elemento pericoloso, come sostanza che bevuta la fa sviluppare esageratamente di statura e quindi la fa "crescere", trasformandola in un adulto, perciò in qualcosa di negativo. Le sue lacrime diventano così grandi e copiose che arrivano a formare un laghetto nonostante imponga a sé stessa di smettere: "…Una bambina grande come te "(adesso aveva proprio ragione di dirlo)" che piange a questo modo! Smettila subito, te lo ordino!"( 13). E' come se trovandosi impreparata ad una situazione di crisi, Alice facesse la cosa più naturale che capita in situazioni di paura e smarrimento: mettersi a piangere; ma le hanno insegnato che una bambina grande non piange. La società esige da lei controllo: che si metta una maschera così come accade a tutti noi quando l'unica cosa che vorremmo è piangere sfrenatamente, ma non si può. Alice è pura coscienza: tutto quello che le succede lo avverte come sensazione, non riesce a razionalizzare nel vero senso della parola, ma "sente" le situazioni: quello che i diversi animali o strane creature incontrati le dicono, non corrisponde a quello che dovrebbe essere "realmente" giusto. Ma cosa è giusto? Alice cade in continua contraddizione e confusione, perché le Creature le pongono strane domande e la aggrediscono spesso verbalmente, mettendo in discussione le sue risposte, le sue domande e anche lei stessa, indecisa tra quello che le hanno insegnato, tra quello che è diverso e quello che lei sa che è vero! E' come se tutte le varie trasformazioni e mutamenti interiori che, naturalmente accadono ad ognuno, si facessero, per Alice, "carne" e diventassero tangibili come il pezzo di fungo che la fa rimpicciolire o la corona che le compare d'un tratto sulla testa. L'inconscio è un luogo senza confini, non c'è un riferimento, un inizio e una fine, non si può afferrare, perché è in continuo movimento con leggi proprie apparentemente incomprensibili ma, in realtà, meno disordinate del gran caos che è la vita fuori: ecco perché viene associato all'acqua.

Nel Mondo dello Specchio il 2 è ricorrente: ci sono appunto le 2 Regine, i 2 Gemelli, le 2 micie, il Tricheco e il Falegname, il Leone e il Liocorno. "…tu sei una e io sarò tutti gli altri.."( 14). Il 2 è il doppio, cioè io e tu, oppure io e me stessa, come io e la mia immagine riflessa nello specchio, nell'acqua del mio incoscio. Due come la mente e il cuore che, purtroppo quasi sempre, sono divisi tra loro e, spesso, contendenti, come la Luce e l'Ombra che compongono ogni cosa che ci circonda,  come io e il mondo, come il Vero e il Falso. E due sono i libri delle avventure di Alice, diversi e complementari tra loro, spesso stampati nella stessa edizione, legati, in apparenza, solo dalla presenza di Alice e della gattina Dinah e le sue piccole, Kitty e Bucaneve, ma quasi lo stesso libro nella sostanza, a rimarcare la sovranità dell'infanzia e permettere a chiunque di vivere il proprio infantilismo liberamente, che non è necessariamente vera e propia immaturità ma capacità di scoprire e gioire o soffrire, genuinamente, senza filtri o pregiudizi.
Siccome il Mondo dello Specchio è un mondo alla rovescia, le cose, come le abitudini e il modo di fare, sono all'opposto di quello che dovrebbe essere; così il grande Specchio che Alice attraversa si liquefà in quel momento fino a diventare come una luminosa nebbia argentata: un po' come la bruma, in inverno, sopra i laghi o gli stagni. Perché quello di Alice è uno specchio d'acqua, è la porta magica per accedere ad un'altra dimensione, il passaggio per entrare "corporeamente" nella sua fantasia, nella sua psiche, nel suo mondo interiore, per percorrere il tragitto della ricerca inconsapevole della propria identità, del significato del suo esistere. E' una ricerca che va oltre lei stessa, come una forza che la spinge, contro ogni ragionevolezza, ad attraversare uno specchio per entrare in un mondo totalmente sconosciuto, così come precedentemente l'aveva portata a cadere senza paura nelle profondità della terra, perché è più forte la necessità viscerale di vedere che cosa c'è oltre la sua immagine riflessa ed arrivare a guardare l'Ombra. Dentro il Mondo dello Specchio apparentemente le cose sono come nel Mondo di Qua, anzi sono identiche ma, invece, sono tutte diverse, così come sono diverse le reazioni: il tempo si annulla, tutto diventa velocissimo, così veloce da rimanere fermo, gli oggetti sono identici ai nostri ma mutano di forma e significato in altri oggetti anch'essi simili a quelli che abbiamo qua. Per guarire il Re caduto nella cenere, Alice, cerca dell'acqua e trova invece inchiostro. Ad un certo punto si trova in un paesaggio dove numerosi, piccoli ruscelli attraversano il terreno paralleli tra loro, formando tanti quadrati con tanti ponti che collegano i ruscelli, e tanti uomini sopra che si spostano: è la scacchiera. "…E' come se si stesse giocando una grande partita a scacchi su tutto il mondo, se questo è il mondo, per loro. Oh, com'è divertente! Come vorrei essere uno di loro! Non mi importerebbe di essere soltanto una Pedina, purché potessi unirmi a loro…tuttavia preferirei essere una Regina, è meglio."( 15).
Se è vero, e io ne sono convinta, che in ogni cosa che ciascuno crea c'è un po' di sé, naturalmente è così anche per Alice: Alice é Carroll, l'Ombra di Dodgson, che attraverso di lei (come uno Specchio) vive nel modo in cui vorrebbe vivere, essendo se stesso, come sono o vorrebbero essere un po' tutti. In fondo il candido desiderio di Alice di far parte di quel mondo è un po', forse, l'utopia di Carroll di sentirsi parte della società, a prescindere dalle contingenze esterne, di sentire dentro, di far parte di un qualcosa, anche se, poi, E' meglio essere Regina, solo, ma sopra tutti. E' forse un po' retorico sostenere che Alice è la identificazione dell'Autore, ma io credo che sia importante perché la sua opera, che è veramente grande proprio perché offre molte e diverse chiavi di lettura, è come se fosse un essere umano con la pelle rovesciata e, oltre che essere un esempio di nevrosi, fosse un manifesto dell'assoluto mistero dell'uomo che dentro è vasto come un universo: perlopiù ignoto. Il lavoro creativo di un'Artista è molto semplice ma complesso, soprattutto perché spesso quello che trovano gli altri non è il lavoro volontario del creatore che viene divorato da quello che appartiene sia a sé stesso che agli altri. Difatti ciò che appartiene all'uno appartiene a tutti, partendo dal presupposto che: "…l'inconscio contenga non soltanto elementi personali, ma anche elementi impersonali, collettivi, in forma di categorie ereditarie, o archetipi. Io ho quindi enunciato l'ipotesi che l'inconscio, nei suoi strati più profondi possegga contenuti collettivi, relativamente vivi. Parlo perciò di un inconscio collettivo……l'individuo non è esclusivamente un essere a sé, isolato, ma anche un essere sociale, così la psiche umana non è un fenomeno singolo e puramente individuale, ma anche un fenomeno collettivo. E, nello stesso modo che certe funzioni o pulsioni sociali stanno in contrasto con gli interessi dei singoli individui, così anche la mente umana ha certe funzioni o tendenze che, per la loro natura collettiva, stanno in contrasto con i bisogni individuali. Questo fatto ha il suo fondamento in ciò, che ogni uomo nasce con un cervello altamente differenziato, il quale gli dà la possibilità di una ricca funzione mentale che egli non ha né acquisito né sviluppato ontogeneticamente. Proprio perché i cervelli umani sono sì differenziati, ma in maniera uniforme, è anche collettiva e universale la funzione mentale che da ciò è resa possibile…"(16) ……………
Carroll è, a mio avviso, invitante e succulento per qualsiasi indagine psicanalitica, il soggetto ideale da tagliare a fette come una torta ma, alla fine, la torta risulta essere come quella di Alice nel Mondo dello Specchio che prima si serve e poi si taglia. Il suo lavoro, nonostante si possa analizzare al pelo, è pur sempre un'opera d'arte e io credo che l'arte non risponda a nessuna logica, nemmeno l'arte più razionale. Ogni volta che leggo i libri di Alice rimango frastornata per un po', come se realmente dovessi fare anch'io come lei, risvegliarmi da un sogno, essere di nuovo catapultata in questa specie di realtà. L'episodio che sento più mio del Mondo dello specchio è quello in cui Alice viene presa per mano dalla Regina Rossa e insieme iniziano a correre, correre così forte che i loro piedi non toccano terra e alla bimba fischiano le orecchie. Dopo questa corsa forsennata scopre che, in realtà, non si sono mai mosse da lì perché dentro lo Specchio puoi correre a più non posso ma rimani sempre nello stesso posto. Spesso mi sento così, come se per tutta la vita mi fossi arrabattata, avessi corso in qualche modo, soprattutto dentro di me per poi scoprire di essere sempre ferma nello stesso luogo, negli stessi problemi. In fondo è un po' come ritornare a "casa", come se fosse chiaro che è inutile correre tanto perché più si scappa e più si rimane fermi.
 

 

 

 

 


(10) Carroll Lewis, Alice nel Mondo dello Specchio, I Classici della BUR, Milano, 1992, cap.12.
(11), G. Deleuze, Logica del senso, Feltrinelli, Milano 1975, in Carroll L., Alice nel Mondo delle Meraviglie - Testimonianze e Giudizi Critici, BUR, Milano,1978.
(12) Ibidem, Da una lettera di L. C., aprile 1887.
(13) Carroll Lewis, Alice nel Paese delle Meraviglie, BUR, Milano, 1978, cap.2.
(14) Carroll Lewis, Alice nel Mondo dello specchio, BUR, Milano, 1992, cap.1.
(15) Ibidem, cap. 2.
(16) Carl Gustav Jung, Gli Archetipi dell'inconscio collettivo, Biblioteca Boringhieri, Torino, 1988.


Illustrazioni
Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio, disegno originale dell'Autore, Ed. Einaudi (Gli Struzzi), 1978.
Lewis Carroll, Alice nel Mondo dello Specchio, BUR, Milano, 1992.