Storia dell'erboristeria



 

Con il termine erba s'intende le piante 'erbacee' con il fusto erbaceo e mai legnoso. Nell'uso comune, però,vengono incluse tra le erbe anche 'piante' con fusto legnoso , come rosmarino, salvia, lavanda, ecc. Le erbe si dividono in due categorie, da cucina e medicinali, alcune erbe medicinali però sono usate anche in cucina. Nel tempo sono cambiati i sistemi di raccolta e quindi di coltivazione mentre prima potevano essere sufficienti quantità cresciute naturalmente per soddisfare le necessità familiari, con una maggiore richiesta si è passati ad una vera e propria coltivazione di massa, per questo motivo le piante hanno subito modifiche nelle loro caratteristiche strutturali, dando origine a esemplari di dimensioni diverse ma a volte meno saporite delle specie selvatiche.
In passato le erbe erano giustamente ritenute generi di prima necessità, indispensabili al sostenimento di ogni famiglia.
Ancora oggi le erbe hanno un ruolo vitale nelle industrie del tabacco e della birra, nelle produzioni di vini e liquori, come coloranti e aromatizzanti in pasticceria e nella preparazione delle tinture. Sono usate per preparare essenze, oli naturali, profumi e cosmetici. L'uomo primitivo con un processo che oggi definiremmo di "sperimentazione" ha scoperto che alcune erbe nutrivano ed erano gradevoli ed altre sgradevoli che potevano alleviare il dolore ed altre portare a morte. Scoprì anche le piante che definì "magiche" quelle che conducevano fuori della realtà con azioni particolari, definite allucinogene, psichedeliche, narcotiche o psicoattive. Le erbe allucinogene (e i loro derivati) sono state usate per secoli in tutte le civiltà. Attualmente ne sentiamo parlare spesso nella cronaca come uso ed abuso di droga: oppio, hashish, marijuana, morfina, cocaina. Dopo aver subito un declino di circa due secoli, l'erboristeria è ora al centro di un risveglio d'interesse sia pubblico che professionale.


Storia dell'erboristeria
Secondo le testimonianze non è possibile risalire a chi ha scoperto che alcune piante sono commestibili e che altre hanno proprietà curative. Chiaramente l'avvicendarsi di prove ed errori portò l'uomo e le comunità primitive alla conoscenza delle piante. Perché e come una pianta dovesse essere in grado di curare una malattia probabilmente è rimasto un mistero per quelle comunità primitive. I primi uomini di medicina vennero associati alla struttura di credenze religiose della comunità: molti erano sacerdoti che agivano come strumenti degli dei, ricevendo da essi i loro poteri curativi e trasmettendoli così alle piante. Queste supposizioni sono legittimate dalle conoscenze che ci hanno fornito gli archeologi. Il che concorda anche con le prime testimonianze che abbiamo (inerenti alla medicina) dall'India, dalla Cina, dall'Egitto e dall'Assiria. La mancanza di precise testimonianze sugli erboristi primitivi limita in parte l'approfondimento delle conoscenze sull'erboristeria rendendo possibile lo studio dell'aspetto ufficiale di questa scienza, noi possiamo infatti soltanto supporre l'esistenza di un "aspetto non ufficiale" dell'erboristeria, la pratica giornaliera della gente di campagna, esperta e ben informata sulle erbe della propria zona e sui loro usi (medicinali, culinari e cosmetici). Soltanto raramente queste persone emergono nella storia ufficiale. Oltretutto la rivoluzione industriale del mondo occidentale, l'urbanizzazione e la crescita di visione del lavoro del XIX secolo causeranno la scomparsa di tale saggezza rurale. Presumiano che in Cina e in India una tradizione di medicina antica come quella Europea e forse anche di più, e che le piante fossero usate come rimedi. Risulta che un excursus sulla storia dell'Erboristeria rimane limitato alla descrizione del graduale sviluppo delle conoscenze mediche in Egitto e Mesopotamia e alla loro diffusione prima nei paesi del Mediterraneo orientale in Persia, Armenia, antica Grecia poi attraverso l'Europa e duemila anni dopo sul nuovo mondo.


I primi medici della Storia dell'Erboristeria di cui abbiamo sicura conoscenza.


La civiltà egizia
è la prima. Imhotep ( ca. 2700 a.C.) è il primo medico egizio conosciuto. Considerato dai suoi contemporanei un grande guaritore, fu venerato come dio dopo la morte. Imhotep fu il protettore delle scienze e dei medici e fu considerato dal popolo il dio della salute.


La civiltà greca classica si ispirò al mondo egizio e alla Mesopotamia, naturalmente anche per quanto riguarda la conoscenza e la pratica medica. Assorbì molto, e in più aggiunse la creazione di una base scientifica per la medicina. Asclepio fu il primo, e probabilmente il più grande, di tali dei-medici. Si racconta che Asclepio figlio di Apollo e di Coronide nacque a Epidauro intorno al 1250 a. C. e che fu assassinato da Giove, reso geloso dal suo successo nella cura dei malati e nella restituzione della vita ai morti. La figlia Igea era la dea della salute. Ippocrate (460-370 a. C.), che nacque e praticò nell'isola di Coo, è conosciuto come padre della medicina. Si meritò quella definizione perché fu il primo a istituire e a fissare un sistema scientifico. Egli trasse la maggior parte della sua cultura da fonti egizie, ma le diminuì gli elementi di mistero e magia riconoscendo le malattie come fenomeni naturali e stabilendo per la prima volta un sistema di diagnosi e prognosi. Ippocrate usava circa quattrocento medicine, la maggior parte delle quali di origine vegetale. Noto è il "giuramento di Ippocrate" che i medici, sino a qualche tempo fa, pronunciavano prima di iniziare la loro attività: le parole d'apertura (Io giuro su Apollo medico, su Asclepio, Igea, Panacea e su tutti gli dei e le dee che al massimo delle mie possibilità e giudizio….) dimostrano lo stretto e affascinante legame tra la pratica medica moderna e le credenze degli scienziati medici primitivi.
I primi erbari greci. Il primo erbario di cui abbiamo notizie venne scritto da Diocle di Caristo, nato nella prima metà del IV sec. a. C., elencò le piante e ne descrisse le proprietà medicinali. Fu Teofrasto (ca. 370 - 285 a. C.) nato a Ereso (città dell'isola di Lesbo) il primo che cercò di stabilire un metodo scientifico di classificazione delle piante basandosi sugli scritti botanici di Aristotele di cui Teofrasto fu amico e allievo. La Scuola Alessandrina. Dopo la fondazione di Alessandria (332 - 331 a. C.) la medicina conobbe il periodo di massima fioritura. Sotto i Tolomei si sviluppò la Scuola Alessandrina, che raccolse intorno a sé gli scienziati e i botanici più preparati dal Medio Oriente, trasmettendo tutta una tradizione all'Europa medioevale attraverso gli scrittori e gli studiosi del mondo arabo. Gli erbari scritti in quel periodo erano in massima parte lavoro di medici, tra i quali i più importanti furono certamente Erofilo (prima metà del III sec. a. C.) e Apollonio (220 a. C.). Mitridate sempre sotto l'egida della Scuola Alessandrina (ca. 132 - 63 a. C.) si occupò in special modo dei veleni e loro antidoti tanto che dal suo nome furono fatti derivare il sostantivo 'mitridatismo' e l'aggettivo 'mitridatico' a indicare una particolare resistenza alle sostanze tossiche, in alcuni individui, con un'assunzione continuata di veleni in piccole dosi. Miriade non solo raccoglieva le erbe, ma le illustrò dettagliatamente con disegni e descrizioni degli usi medicinali.  

 

Roma Antica - Plinio il Vecchio fu il più importante sistematore del regno vegetale nella Roma antica. Dedicò sette dei 37 volumi della sua Naturalis Historia (completata nel 77 d. C.) agli usi medicinali delle piante. L'opera di Plinio era acritica e le sue informazioni non verificate, pertanto il suo lavoro è ora di scarso valore. Nei secoli che seguirono la caduta dell'impero romano ci fu una battuta d'arresto per quanto riguarda la ricerca scientifica e solo dopo circa sei secoli si notò un segno di ripresa dell'interesse nei confronti delle erbe e della medicina in generale. Nei secoli oscuri soltanto i monasteri europei mantennero in vita la letteratura legata alla medicina e all'erboristeria. I monaci stessi erano medici e la cura dei malati veniva considerata uno dei primi doveri cristiani. 

 

Il mondo arabo Nel mondo arabo, invece proseguì sulla via indicata dai greci. Intorno al 900 o poco più tardi, tutti i grandi studi medici erano stati tradotti e circolavano nei centri culturali di Damasco, Baghdad e il Cairo. I loro insegnamenti si diffusero con l'avanzata delle armate arabe attraverso l'Africa settentrionale e la Spagna che alla fine dell'VIII secolo, era quasi totalmente caduta sotto il dominio musulmano. In Spagna in particolare a Cordova, praticava la sua attività il medico di origine araba Abulcasis (936-1013), vennero raggiunti livelli particolarmente elevati, tanto che da tutta l'Europa vi affluiva una clientela sceltissima. La teoria greca, insieme alla pratica araba, ebbe due canali di diffusione che la fecero pervenire all'Europa occidentale alla fine dei secoli oscuri. In Spagna, nel XII secolo, si era creata una scuola di traduttori a Toledo ove traducevano prima dall'arabo alla lingua romana (derivata dal latini volgare) poi da questa al latino, la lingua universale della scienza nell'Europa medioevale. In Italia Costantino Africano (ca. 1010-87) tradusse in latino opere filosofiche, scientifiche e mediche arabe. Costantino rimane una figura vaga, di cui si sa poco, eccetto che fu un medico arabo cristiano, che divenne monaco e che passò gli ultimi anni della sua vita nell'abbazia benedettina di Montecassino, dove eseguì la maggior parte delle sue traduzioni.


 

Sambuco, foto dell’autrice, Oasi del Bottaccio, Lu.