La lavorazione della seta
Pescia e la Valdinievole ebbero un ruolo di primo piano nelle vicende del setificio toscano. Francesco Bonvicini, nel 1435 introdusse qui dall'oriente il morus alba o gelso bianco, assai più produttivo del morus nigra mediterraneo, che fu alla base dell'espansione sericola in Italia e in Francia. Già ai primi decenni del '500 Pescia divenne il centro di una delle principali aree seriche della Toscana. L'introduzione nel '600, per volontà del Granduca Ferdinando I° dei filatoi idraulici o mulini bolognesi, rese Pescia importante centro di semilavorati di seta,inferiori soltanto al polo fiorentino. Queste nuove macchine circolari erano in grado di torcere il filo di seta in modo sempre regolato e costante che consentiva la produzione di perfetti orsoi (fili di seta composti da più fili ritorti per fare l'ordito). Ad esse lavoravano fino ad ottanta operai
E' nell' ottocento che il setificio pesciatino raggiunse la sua massima espansione, infatti dai due iniziali filatoi si passò a tre e poi a sei nel 1829 e a sette nel 1863
I primi decenni del XX secolo videro l'inizio di una crisi irreversibile che caratterizzò l'evoluzione di tutto il setificio in Italia.
Gli Scoti L'esistenza dei filatoi idraulici e le vicende dell'attività serica a Pescia si intersecano con la storia più che secolare della famiglia Scoti. Affittuari intorno al 1750 di uno dei primi filatoi idraulici di Pescia, quello della Torre, gli Scoti diventarono nel corso del tempo, una delle ditte seriche più importanti della Toscana. Attraverso la produzione e la commercializzazione di seta greggia e semilavorata riuscirono a stabilire collegamenti finanziari e commerciali con Livorno, con i più potenti setaioli toscani ed anche con la principali piazze seriche europee. Nell'ottocento riuscirono a lavorare e commercializzare circa il 20-25% della seta prodotta in Toscana Nel 1947 la famiglia si estinse.
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